LE QUERCE CENTENARIE DI MONTE EGITTO DI BRONTE
(di E. Crimi)
(di E. Crimi)
Qualche metro prima di arrivare al bivio per la contrada Flascio, lungo la SS.120 che da Randazzo conduce a Cesarò, vi è un breve spiazzo dal quale si inerpica la regia trazzera che attraverso l’estrema propaggine sud dei monti nebrodi porta a Floresta. Quasi al confine territoriale con l’ameno paese nebrodeo, affioramenti di roccia sedimentaria danno immagine a straordinarie sculture naturali modellate dal tempo che si ergono nel loro immobilismo come a volere testimoniare la loro possente presenza a guardia delle meraviglie naturalistiche di questo territorio. In questo angolo di territorio, dove la natura ha voluto esprimere la sua generosità, hanno il giusto risalto boschi misti disetanei di faggio, acero, cerro e castagno che, per certi versi ancora tèrsi, si stagliano nel cielo e scendono fino agli argini del fiume Alcantara, offrendo spunti per riflessioni contemplative. Qui, ai bordi di questa vetusta regia trazzera, nel comprensorio territoriale di Pietre Bianche, in agro di Randazzo, fanno da cornice veri e propri capostipiti della flora arborea presente nell’area. Uno di questi “grandi patriarchi” della vegetazione naturale presente su tutto il territorio, è il grande faggio scuro, ovvero uno splendido esemplare di faggio di almeno 500 anni di vita, vegetante in quest’area, che per la sua centenaria età potrebbe raccontare la storia antica e recente di questo vasto comprensorio, i doviziosi intrecci con le popolazioni locali, sempre presente e testimone del passaggio di tante tradizioni, culture e civiltà che hanno contraddistinto in passato queste terre che si specchiano nel fiume Alcantara. Il faggio (Fagus Sylvatica), della famiglia delle fagaceae in Sicilia ha il proprio estremo limite meridionale e occupa le quote più elevate delle stazioni presenti in Europa, riuscendo addirittura a vegetare sull’Etna sino a circa 2200 metri di altitudine. La pianta “madre” della fascia fitoclimatica del fagetum, costituisce sicuramente una delle essenze forestali caducifoglie più importanti presenti nel panorama naturalistico isolano. La corteccia è grigio-argentata, le foglie sono piccole ed ovali con margine intero a volte ondulato, di colore verde intenso dalla parte superiore e leggermente più chiaro nella pagina inferiore. Nel periodo autunnale offrono una suggestiva impressione cromatica quando prima di cadere passano, dal verde intenso al giallo e infine, al marrone.Il faggio, maestoso nella sua portanza, può raggiungere l’altezza di circa 30 metri. Il tronco in prevalenza diritto e regolare, detiene ottime caratteristiche strutturali che ne favoriscono la sua utilizzazione nei più svariati lavori. La chioma a mosaico con le foglie adulte tutte posizionate sullo stesso piano, si presenta ampia, densa e appariscente, rendendole un portamento inconfondibile. Le inflorescenze maschili sono rappresentate da “spighe penduli” tondeggianti, sostenute da lunghi peduncoli; quelle femminili da fiori racchiusi a due a due nelle ascelle delle foglie. I frutti del faggio hanno peculiarità similari ai ricci del castagno e quando a maturità si aprono, lasciano cadere dei semi, denominati “faggiole” , molto ricche di olio che si maturano in un anno .In passato il faggio veniva ceduato per farne legname da opera e utilizzato nella costruzione di arnesi da lavoro e per la realizzazione di sofisticati mobili ad intarsio. Lo stesso veniva usato come legna da ardere o trasformato in carbone vegetale.Come tantissime altre piante, il faggio è stato sempre accostato dai popoli antichi, a miti e leggende. Ad esso sono stati attribuiti anche poteri magici e per questo è stato oggetto di culto. Nella foresta di Verzy in Francia, la presenza di alcuni faggi, per la loro conformazione, inquietava il popolo, convinto di avere a che fare con creature mostruose. In Lussemburgo si pensava che il faggio fosse una pianta protetta dagli dei e quindi non poteva essere distrutta neanche dal fulmine. |
Vincenzo CRIMI |
(Commissario del Corpo Forestale) |