LINGUAGLOSSA -
L’ALBA DI FUOCO
All’alba del 22 Luglio 1956, la comunità di Linguaglossa
venne bruscamente svegliata dal suono triste e straziante delle
campane delle chiese del paese che certamente non annunciavano
niente di buono. Tantissimi cittadini si riversarono sulle strade ed
appresero dell’immane delitto perpetrato ai danni della loro “muntagna”,
data alle fiamme ad opera di ignoti.
Il momento fù grave, per come la cittadinanza non nè ricordava da
tanto tempo. Fortunatamente, lo
sconforto iniziale, venne subito sostituito dalla rabbia per
l’accaduto e dalla voglia di potere tutti partecipare alle opere
di spegnimento per salvare il bosco, con qualsiasi mezzo e a
qualsiasi condizione, anche a costo della vita.
Fù così che centinaia di
persone, in particolare dei ceti più umili, a piedi
o con qualsiasi mezzo di trasporto, si diressero verso il
bosco Ragabo, muniti soltanto di buona volontà e di quel ferreo
attaccamento per il loro bosco, che si portavano appresso sin dal 30
marzo del 1634, quando sotto i buoni auspici del Re Filippo
IV in persona, dopo avere pagato al barone Orazio Bonanno,
barone di Ravanusa, la ragguardevole
cifra di 21.104 onze,
ne ottennero la riduzione al Regio demanio
di tutta la superficie territoriale, bosco compreso, ed
entrarono a far parte della ristretta schiera di comunità
rappresentate in parlamento, quindi con potere di elezione democratica dei
propri delegati e di fruizione dei privilegi di “Città Libera”.
Giunti sul posto, i linguaglossesi si unirono alle altre forze in
campo; guardie
forestali, vigili del fuoco, guardie boschive ed altre forze
dell’ordine. La battaglia, si presentò subito molto ardua. Le
operazioni di spegnimento dell’incendio diventato oramai di
chioma, a causa della natura resinosa del bosco, del fortissimo
vento, dell’orografia del terreno, nonchè dalla esigua presenza
di attrezzatura consona all’intervento, si presentarono subito
complicate e potenzialmente pericolose per chi doveva operare.
Il fuoco, appiccato da almeno tre punti, nella zona di Piano
delle Malatelle, e certamente favorito dalla forte presenza di
ramaglia, proveniente dai lavori di utilizzazione presenti sul
posto, non concedeva alcuna sosta agli intervenuti, i quali non si
risparmiarono nell’impari lotta contro la virulenza delle fiamme
che oramai tendevano ad avvolgere l’intero complesso boscato di
oltre 1000 ettari. La disperazione e l’impotenza davanti a
questa potente macchina di distruzione della natura, fortunatamente,
non riuscì a sopraffare lo spirito combattivo della gente
linguaglossese intervenuta che riuscì a contendere al fuoco pianta
dopo pianta, senza sosta e a sprezzo del pericolo. La terribile “battaglia”
contro il fuoco iniziata all’alba, si concluse nel
primo pomeriggio, quando il vento decise di dare una mano ai
soccorritori, cambiando direzione. Le opere di bonifica continuarono
per diversi giorni a seguire, allo scopo di estinguere completamente
qualsiasi altro pericolo di incendio che poteva essere favorito
dalla natura fortemente infiammabile del bosco di conifere e dalla
capacità del fuoco di propagarsi sotterraneamente attraverso le
radici delle piante.
Il panorama che si presentava ad operazioni concluse alla vista di
tutti, era veramente desolante e apocalittico. Il fuoco, nella sua
tremenda evoluzione, aveva percorso circa 388 ettari di
pineta, distruggendo l’intero ecosistema della zona, consistente
nell’insieme delle popolazioni di piante, di animali, di
microorganismi e del loro ambiente fisico che interagivano come una
singola unità funzionale per gli scambi di materia di energia e di
informazioni. Nel giro di poche ore, tutto è andato in fumo ad
opera di una mano criminale che per raggiungere i suoi biechi scopi,
quali che fossero, non ha esitato a mettere a repentaglio la vita di
tante persone ed a creare un danno ambientale difficilmente
quantificabile ma permenente per diversi anni.
Gli accertamenti finalizzati alla individuazione del/i
responsabile/i del tremendo delitto, esperite dai vari organi
istituzionali, si sono subito presentate alquanto difficili e
complicate. Le indagini, sin dall’inizio basate su alcune “Vox
populi”, presumibilmente
privilegiavano alcune piste che avevano per movente gli interventi
di taglio, dissennati e forse non proprio leciti, ai danni del
bosco, e poi tutta una complessa e complicata vicenda a sfondo
politico. Tuttavia, malgrado l’amministrazione comunale, istituì
una “taglia” di 2 milioni di lire sulla testa di chi
aveva causato il disastro, questi non venne mai scoperto.
L’incendio distrusse migliaia di piante di pino laricio e
tantissime piante di roverella e sottobosco, causando allora un
danno al bosco pari a un valore di £ 655.570.000 (fonte Corpo
Forestale Linguaglossa – 1956)
Vincenzo CRIMI
Commissario Superiore del Corpo Forestale