BOSCO RAGABO DI LINGUAGLOSSA -
EVENTO ERUTTIVO DEL
27.10. 2002
Questo evento eruttivo, oltre a creare panico e sconforto alla
popolazione linguaglossese, ha arrecato una grave ferita
all’economia del comprensorio e una straordinaria modificazione
all’orografia e al patrimonio boschivo dei boschi di Linguaglossa
e Castiglione di Sicilia. Infatti, nella mattinata del 27.10.02,
lungo la polilinea che passa attraverso Monte Nero delle Concazze, i
crateri Umberto e Margherita e le bocche del 1923, preceduto da uno
pauroso sciame sismico e da una inaudita manifestazione esplosiva
con emissione di gas e materiale piroclastico, l’Etna, il signore
del fuoco, ha palesato tutta la sua possanza, infatti, una
spaventosa colata lavica scaturita da una bottoniera a quota 2100
metri circa, ha intrapreso il suo fatale percorso su due direttive:
la prima lungo il pianoro della Provenzana e l’invasione del
bosco Ragabo di Linguaglossa, la seconda passando per le
località limitrofe di Monte Nero e Monte Rosso, in agro di
Castiglione di Sicilia, coprendo una superficie territoriale
complessiva di circa 250 ettari.
Queste aree, seppur non particolarmente omogenee tra loro dal punto
di vista orografico, presentano in modo uniforme delle straordinarie
peculiarità di carattere paesaggistico e vegetazionale, tanto da
essere considerate dagli appassionati come santuari della natura.
La prima colata, dopo
avere travolto alcuni impianti scioviari di risalita e secolari
faggi, dopo avere totalmente sommerso l’anfiteatro naturale di
Piano Provenzana e cancellato gli insediamenti turistici alberghieri
ivi esistenti, ha proseguito il suo percorso distruggendo la scuola
sci di fondo ed immettendosi in
una grossa porzione di pineta pura. Maestosi pini rivolti al
cielo come a volere supplicare e suffragare la loro salvezza, sono
stati annientati dalla furia del vulcano. Poi ancora nella sua
triste discesa verso il basso, il manto di fuoco è calato su altre
specie quali quercie e ginestre ed incanalandosi all’interno di un suggestivo torrente così da indicarne la sua direzione, a
determinato grande
turbamento ed
apprensione nelle popolazioni a valle.
La colata ha seguito come un indirizzo fatidico ed ha attraversato
una vasta porzione di bosco coinvolto in passato in un altro tragico
evento doloso. Infatti, quì
nel 1956, mani ignote e criminali hanno appiccato il fuoco che ha
distrutto circa 400 ettari di pineta.
Oggi l’Etna, dopo tanti anni, per un certo verso e forse
con ingiusta crudeltà, ha colpito il cuore di quest’area e ha
riportato alla memoria dei linguaglossesi quei tragici fatti,
facendone ancora rivivere le angosce e le tribolazioni. Questa volta
non sono state suonate le campane a raccolta della popolazione
linguaglossese che doveva spegnere l’incendio. Tuttavia, non
basteranno 50 anni per rivedere un’altro rigoglioso bosco come
quello distrutto. La natura crea la bellezza e a volte la modifica a
suo piacimento.
Il secondo braccio lavico come a non volere fare torto
campanilistico, ha invaso il territorio di Castiglione di Sicilia e
seguendo come una preordinata direttiva, si affiancava ad un’altra
copiosa colata avvenuta nel lontano 1923, facendo scempio di
secolari pini larici, faggi, di roverelle e ginestre, minacciando
direttamente la nota casermetta forestale della Pitarrona. Nel
lontano 1923 la colata entrò di prepotenza nella borgata di Catena
arrecando gravi danni. Questa volta fortunatamente si è fermata
molto più a monte ma la direzione era il paese di Linguaglossa.
L’area interessata alla colata, notissima ai naturalisti puri, era
considerata come una
vera e propria oasi naturalistica dove la madre natura aveva
espresso la sua grande generosità dispensando delle peculiarità
orografiche-vegetazionali di grande pregio che l’uomo nel corso
dei tempi, aveva saputo
ben conservare e apprezzare.
Anche in occasione di questo recente evento, l’uomo è intervenuto
in punta di piedi ma massicciamente, attraverso l’intervento
diretto sugli incendi che innescava la lava al suo passaggio, questo
allo scopo di rendere più accettabile le perdite. Il Corpo
Forestale della Regione Siciliana è intervenuto con grande
efficienza per diversi giorni, ha profuso grande impegno
predisponendo idonee opere di spegnimento che hanno impegnato
dirigenti forestali, almeno 20
tra sottufficiali ed agenti forestali, oltre 120
operai forestali, n° 10
autobotti, n° 5 velivoli
Canadair e 3 elicotteri
che hanno effettuato 450
scarichi per un totale complessivo di oltre 3.250.000 litri di acqua. Si è assicurato altresì un assiduo e
proficuo lavoro di bonifica dell’area per tanti altri giorni dopo
la fine dell’evento, allo scopo di interrompere ed estinguere
definitivamente il percorso che il fuoco compie per vie sotterranee
attraverso le radici, le quali ricche di resina bruciano lentamente
e più delle volte permettono alle fiamme di ritornare in superficie
anche dopo alcuni giorni, creando potenziali pericoli di reinnesco
di incendi, in apparenza improbabili. Questo fenomeno è tipico dei
boschi di resinose quale è in ampia parte l’area interessata
all’eruzione.
I danni che la lava ha causato all’ambiente ed alla vegetazione
boschiva, nell’immediato non sono facilmente quantificabili,
tuttavia, essi apporteranno certamente una modificazione naturale
all’ecosistema dell’area che possiamo considerare come una rara
nicchia naturalistica per certi versi ancora integra con grosse
potenzialità paesaggistiche e panoramiche con capacità di offrire
riparo agli animali e di concorrere all’equilibrio idrogeologico e
al mantenimento ottimale del clima. Oggi, fermo restando nella forte
perdita che ha subito la collettività in ragione di strutture e
infrastrutture ricettive, possiamo soltanto avere una
rappresentazione visiva dell’accaduto che se analizzata in forma
corretta e professionale, può farci capire quanto sia elevata la
lesione alla dotazione naturale e paesaggistica della collettività,
la quale archiviato il momento storico dell’evento e tirato un
sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, classificherà tale
perdita come tributo fatidico alle forze della natura che a volte
dispensano benessere, a volte tormento.
Tutti abbiamo la consapevolezza che il danno è stato inevitabile e
non può certamente essere adotto a qualcuno. Sappiamo anche che
ogni albero andato distrutto è una boccata d’ossigeno in meno per
i nostri figli. Per questo dobbiamo ancora impegnarci e sforzarci a
mantenere la perdita stabile. Sappiamo
che dobbiamo ancora intervenire in modo intenso per la tutela del
bosco, in quanto deve essere effettuato un idoneo monitoraggio
seguito dall’intervento, che interessi l’intero ecosistema del
territorio e che volga allo studio delle eventuali sofferenze patite
dalle popolazioni animali e vegetali, a causa della straordinaria
emissione dell’Etna, di sostanze di natura gassosa e solida che
anche a lungo termine potrebbero arrecare danni irreversibili di
inquinamento e quindi di alterazione dell’equilibrio naturale.
Vincenzo Crimi
Commissario Superiore del
Corpo Forestale