LA PROCESSIONARIA DEL PINO
Nel corso della loro lunga vita, i boschi sono spesso stati oggetto
di gravi attacchi indiscriminati da parte dell’uomo, tuttavia
anche altri fattori contribuiscono ancora ad alterare,
fortunatamente in forma non irreversibile i loro ecosistemi.
Volendo studiare alcuni fenomeni portatori di disagio per i boschi,
si rileva la
concorrenza di diversi elementi che certamente hanno un certo peso
negativo che influisce sulla vita delle piante. Le avversità
meteoriche come il vento, i fulmini, le gelate, la neve e la
grandine, arrecano consistenti danni al patrimonio boschivo in
generale. Tuttavia, sono le pinete che vengono interessate
periodicamente dagli attacchi più cruenti ad opera di un insetto
appartenente all’ordine dei lepidotteri, presente con maggiore
accentuazione in queste aree boscate: la processionaria del pino (Thaumetopoea
Pityocampa). La manifestazione sintomatologica presenta una marcata
alterazione delle piante di pino, consistente nella perdita a volte
totale degli aghi. Pur
nella sua gravità, il fenomeno viene considerato quasi fisiologico,
in quanto causa alla
pianta danni assai modesti, che comunque nè ritardano
l’accrescimento.
Questi organismi animali che vengono studiati dall’Entomologia,
allo stato larvale vivono all’interno di un nido posto sugli aghi
dei pini, dei quali si nutrono durante la notte e per tutto il
periodo invernale. Appena iniziata la primavera, prima di
incrisalidarsi sotto il
primo strato di terreno da dove ne escono fuori agli inizi
dell’estate gli insetti adulti sottoforma di farfalle, le larve
sono facilmente riconoscibili, in quanto escono dal nido e si
spostano sui tronchi degli alberi e per terra, camminando a fila
indiana e seguendo il capofila, quindi come in
“processione”; da questo il nome caratteristico di
processionaria del pino. Dopo la metamorfosi, come farfalle, sono
distinguibili per una macchia nerastra sulle ali posteriori.
L’inizio del ciclo vitale li vede impegnate come farfalle in
variopinti voli estivi, alla ricerca di un ramo ricco di aghi, dove
andranno a depositare le uova e ricoprire il tutto con peli secerni
dalle stesse in modo da formare il “bozzolo” che servirà da
nido per il completamento del ciclo.
Come appunto dicevamo, gli insetti presenti su una pianta, nel
periodo di nutrimento riescono a spogliare letteralmente la pianta
che li ospita e non è rado osservare il totale rodimento degli aghi
presenti anche su piante abbastanza grandi che peraltro raramente
appassiscono, per come risulta da alcuni studi relativi.
La soluzione terapeutica si basa su alcuni interventi che si sono
succeduti nel corso degli anni. Per iniziare, quando ancora l’uomo
non disponeva di mezzi tecnologicamente applicabili al caso,
l’intervento più idoneo e usato, si basava esclusivamente sul
prelievo manuale e conseguente distruzione dei bozzoli che peraltro
non assicurava risultati brillanti a causa della vastità di
superficie interessata, nonchè del forte potere irritante degli
stessi bozzoli. Si sono succeduti anche interventi consistenti
“nell’abbattimento” di
tali bozzoli attraverso l’uso di fucili con particolari cariche
per l’occasione, nonchè attraverso l’introduzione della formica
rufa che attaccando le larve di tali insetti, ne regolava la
propagazione. Tale lotta si è praticata in passato anche nella
pineta di Linguaglossa. Infine l’ultimo intervento finalizzato a
ridurre le infestazioni di lepidotteri defogliatori ed in
particolare modo della Processionaria del pino, era una vera e
propria “lotta biologica” che ha sortito i risultati migliori ma
non più eseguita da alcuni anni su vasta scala, poichè
incompatibile con norme di carattere ecologico-ambientale vigenti
nelle aree protette. Il metodo di intervento consisteva nel
diffondere con l’utilizzo di elicotteri, un agente che si trova
presente in natura sottoforma di bacillo, chiamato appunto
“Bacillus Thuringiensis” che depositandosi sugli aghi dei pini,
veniva ingerito dalle larve della Processionaria che per effetti
indiretti morivano. Questo prodotto, non assolutamente pericoloso
per l’uomo e per gli animali a sangue caldo, si può trovare
facilmente in commercio, perchè molto usato in agricoltura.
Con la messa al bando del suddetto metodo di intervento, sono finiti
gli interventi su vasta scala nelle pinete, finalizzati alla lotta
biologica contro la Processionaria del pino, ad eccezione di piccole
aree dove in sinergia congiunta tra alcuni Enti regionali e
comunali, vengono effettuate alcune irrorazioni manuali. Da
segnalare anche l’interessamento al fenomeno da parte
dell’Ufficio Speciale forestale di Catania, che in concerto
con l’Istituto di Entomologia Agraria di Catania, ha predisposto
un servizio di monitoraggio a lungo termine. In altre parole si
cerca di studiare il fenomeno dell’infestazione senza
assolutamente combatterla, in quanto, sembra che tale fenomeno ha
negli anni un periodo di evoluzione per poì regredire a livelli
minimi. Il tutto è legato a fattori come le annate più o meno
rigide o all’aumento delle difese dell’albero che coincidono con
il momento in cui esso non è più in grado di alimentare bene le
larve degli insetti. Certamente essendo ancora un lavoro in fase di
studio, esso si basa sulla raccolta, la conta e la catalogazione di
elementi che verranno successivamente analizzati e raffrontati con
dati di anni precedenti,
da personale specializzato. Questi elementi sono principalmente: la
cattura dei voli, la raccolta delle ovature e dei nidi, la raccolta di
dati metereologici attraverso l’installazione di capannine. Mentre
le ovature e i nidi si raccolgono manualmente, per catturare le
farfalle vengono usate delle tipiche trappole a forma di lampione
dove al proprio interno si trova un componente chimico chiamato
feromone che riproduce l’essenza del richiamo sessuale della
femmina che attrae all’interno i maschi. L’analisi e il
raffronto dei dati raccolti nel corso degli anni, serve a capire se
in una determinata zona di “saggio”, si è in presenza di un
aumento o diminuizione di infestazione. Questi elementi
costituiscono altresì un punto di partenza fondamentale per fissare
la funzione che questi insetti
defogliatori ricoprono nell’ambito delle biocenosi.
Studiando questi indicatori sarà possibile, inoltre stabilire delle
vere e proprie strategie di controllo che tengano conto dei delicati
equilibri biologici in atto esistenti nei territori di indagine.
Ancora non si hanno abbastanza dati da potere tentare un’analisi
del fenomeno, comunque senza dubbio, vista la forte concentrazione
di lepidotteri registrata nelle pinete dell’Etna, il fenomeno non
può certamente considerarsi in diminuizione.
Vincenzo CRIMI
Commissario Superiore del Corpo Forestale