LA STRAORDINARIA E VEROSIMILE STORIA DELLE SUGGESTIVE
GOLE DEL FIUME ALCANTARA
Leggere è la capacità di una maggioranza e l’arte di una minoranza. (Julian Barnes)
Studio, redazione e ricerche bibliografiche a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.
Se avete voglia di leggerlo e arrivare fino in fondo, il presente articolo affronta l’analisi evolutiva di un’ampio tratto del fiume Alcantara veramente suggestivo e allo stesso tempo quasi impenetrabile. Si tratta del distretto territoriale conosciuto come “Le forre laviche o gole del fiume Alcantara” in territorio di Castiglione di Sicilia (CT) e Motta Camastra (ME) e il suo contesto locale che presenta caratteristiche proprie del paesaggio fluviale e interessanti spunti di interazione tra comunità umane e ambiente, che hanno caratterizzato l’articolata profondità storica dei luoghi e la sovrapposizione di fenomeni appartenenti ad epoche e culture diverse.
INTRODUZIONE
Nella redazione del presente post, ho tentato di descrivere la storia di questo “pezzo” di territorio siciliano, con gli occhi appassionati di chi lo conosce e frequenta da decenni, inoltre, attraverso questo scritto vorrei esaminare il suo percorso storico antropico e tentare una interpretazione sulla sua antica genesi formativa. Mi aiuterò con la semplicità di ricerca personale soggettiva, ma soprattutto, con lo studio di alcuni elementi documentali che ci provengono dalla letteratura di settore, che tenterò di confrontare con le cartografie ufficiali del mondo accademico. La ricerca di alcuni segnali veramente indelebili che questo suggestivo sito lavico detiene e ci trasmette, ci fa comprendere la sua consistenza attuale ma anche i motivi delle sue “sofferenze”, dato che trattasi di un’ambiente assoggettato ad un impatto antropico intenso e quasi permanente, rappresentato non di rado, da uno squilibrato turismo di massa. Dove questi elementi che tratteremo non riusciranno a schiarirne i contorni, in particolare riguardo degli eventi preistorici, mi servirò di una piccola dose di inventiva personale che spero non si allontani troppo dalla realtà e venga accolta anche da chi legge, che certo comprenderà che trattasi di accadimenti preistorici, spesso carenti di riscontri obiettivi o non univoci. In fondo, leggere fatti e accadimenti con un pizzico di sana e romantica “leggerezza”, ci rende più agevole la complicata vita contemporanea. In definitiva, si tratta di un intrigante viaggio nel tempo attraverso un affascinante percorso tracciato tra realtà e immaginazioni che sanno di incanto e di meraviglia. Contestualmente e come divulgatore ambientale, vorrei accentuare la valorizzazione di questo stupefacente ambiente dagli aspetti intrinsecamente tipici che sono quelli di un sito di grande valore geologico-naturale. Concludendo, un racconto attendibile che spero lascerà nel lettore un’emozione duratura e profonda.
IL FIUME ALCANTARA E L’INVASIONE LAVICA DELLA SUA ANTICA VALLE
I fiumi lo si sa, nascono da una goccia d’acqua e sono considerati i vasi sanguigni della terra dunque, ovunque portano vita e modellano il territorio. I fiumi sono stati in tutto il mondo culla di civiltà ed importanti vie di comunicazione, lungo le loro sponde sono sorte città, si sono sviluppate società e culture, sono avvenuti incontri e scambi, guerre e trattati, insomma, le città e tutto quanto ad esse attinente, si sviluppava attorno ai fiumi, perché essi erano e sono ancora l’origine di tutto. I libri di storia ci raccontano gli accadimenti più importanti che hanno caratterizzato un territorio fluviale, le guerre e gli accordi, l’economia e la politica, i grandi condottieri e gli uomini di arte e scienza. Dai fiumi sono nati i miti più antichi, vocazioni poetiche e racconti, ma i fiumi sono stati anche teatri di vicende che corrono anche sul filo di altre voci, meno appariscenti ma diffuse come racconti di antiche leggende e miti epici, tutti questi elementi ci permettono di conoscere meglio la storia di un determinato territorio dove essi scorrono. Da queste storie mi piace pensare che ciò che ha generato questi miti possa essere persino più affascinante dei miti stessi. I fiumi sono dunque anche storie di uomini e civiltà che con essi hanno da sempre intrecciato un rapporto molto stretto. Siculi, greci, latini, bizantini, arabi, normanni, svevi e angioini, aragonesi e borboni, tanti sono i popoli che hanno risalito fiume Alcantara e qui vi hanno ambientato le loro vicende umane e storiche. Dunque, il fiume Alcantara, come pochi altri fiumi al mondo, scorre tra la bellezza storica e segue come un suggestivo itinerario nel tempo, attraverso un percorso denso di suggestioni, lambendo antiche città sepolte, necropoli, antiche mura di cinta, torri medievali, opere architettoniche di grande pregio artistico, grotte antropizzate, siti e strutture di culto arcaiche e più recenti di grande valore storico, artistico e archeologico rupestre. Oggi, questi reperti che man mano vengono alla luce nella valle del fiume Alcantara, impreziosiscono il panorama delle nostre terre, come gioielli abbandonati e incastonati nel paesaggio e ci fanno capire che le straordinarie civiltà del passato più remoto, hanno tracciato lungo questo fiume, come una via maestra che periodicamente nel tempo, viene percorsa ed arricchita da nuovi patrimoni intellettuali e tangibili, sino ai giorni nostri. Ma non solo, la valle del fiume Alcantara è anche un distretto geografico fluviale dotato di un ricco condensato di suggestioni storiche e di una grande evoluzione espansiva faunistica e vegetazionale rappresentata da tutte le specie tipiche della fascia climatica mediterranea. Sulla base di osservazioni ottenute attraverso lo studio del substrato geologico, è possibile definire che, prima delle consistenze eruttive laviche, in questo territorio la formazione del letto del fiume Alcantara e delle sue adiacenze, era costituita originariamente da rocce sedimentarie arenarie di provenienza riconducibile alle ere geologiche quaternaria, cenozoica e mesozoica. Più di ogni altra cosa, oggi in queste aree territoriali, abbiamo evidenza documentale fisica e scientifica, che si concentrano straordinarie valenze geologiche, alcune delle quali generate a più riprese tra 60.000 e 45.00 anni fa, da diverse imponenti e violente colate laviche preistoriche laterali, riconducibili all’attività eruttiva superficiale del primordiale e gigantesco vulcano cosiddetto Ellittico, che in quel periodo era caratterizzato da un’intensa fase esplosiva di eruzioni pliniane. Attraverso il condotto sommitale centrale e i centri eruttivi periferici attivi lungo i fianchi del vulcano, sgorgavano violente colate laviche. I flussi infuocati, privi di connessioni stratigrafiche dirette, invadevano a più riprese la fertile e primitiva paleovalle dell’Alcantara, posta lungo l’asse di sponda dx del fiume Alcantara, il quale, probabilmente in alcuni tratti, poteva subìrne saltuariamente anche l’invasione dell’alveo. In quei tempi arcaici, il vulcano Ellittico si espandeva e si sviluppava in altezza sino ad elevarsi a metri 3600, ovvero circa 300 metri più alto dell’odierno Etna-Mongibello. Molte sono state le eruzioni che si sono succedute nel corso dei lunghissimi millenni di vita del vulcano Ellittico, enormi versamenti lavici e attività esplosive che hanno via via creato e modellato l’orografia di questo immenso territorio orientale della Sicilia, in perenne movimento e mutamento a causa delle continue fuoriuscite di materiali vulcanici e movimenti tellurici che hanno plasmato le valli dell’antica Etna: a nord la valle del fiume Alcantara e ad ovest quella del fiume Simeto. Ci ricordano gli scienziati che hanno studiato le dinamiche relative alle invasioni di colate laviche della valle dell’Alcantara, che una delle più antiche e corpose colate laviche di quel periodo dell’Ellittico, fu quella del cosiddetto Mitogio (S.Branca 2003), mentre le successive colate laviche che affiorano nel fondovalle sono state localizzate tra il centro urbano di Verzella e il territorio di Francavilla di Sicilia. Tuttavia, di questi presunti centri eruttivi e colate laviche sono rimasti solo affioramenti isolati privi di collegamenti stratigrafici diretti, forse perché dopo millenni sono stati coperti da altri flussi lavici che in seguito diedero forma al grande campo lavico cosiddetto dell’Alcantara, generato dal vulcano Etna-Mongibello. Infine, l’ultima eruzione del vulcano Ellittico prese il via dal vulcano di scorie di monte Mojo avvenuta circa 28.000 anni fa (Del Carlo et alii.- 2012), le cui lave poco consistenti, si sono adagiate alla base del cono, con modeste estensioni nel fondovalle. A partire da circa 14.000 anni fa, dopo molte migliaia di anni e un ulteriore cambiamento nell’attività vulcanica esplosiva, l’incessante azione delle forze della Terra, portò alla distruzione del gigantesco vulcano Ellittico e alla formazione dell’Etna, l’edificio vulcanico odierno denominato anche Mongibello.
La cultura letteraria scientifica e generalizzata di settore (S. Branca et alii, 2019), basata sulla ricerca multidisciplinare che si avvale dell’analisi dei dati stratigrafici e aeromagnetici, nonché, di nuove datazioni paleomagnetiche e 14C, ci mette al corrente che i principali e massicci flussi lavici che interessarono il letto del fiume Alcantara, sono avvenuti durante il dinamismo eruttivo del vulcano moderno Etna-Mongibello ( da circa 14.000 anni ad oggi) e precisamente ad iniziare da 13.900 e 9.700 anni fa. Infatti, queste prime e calde masse magmatiche etnee, si espansero verosimilmente con grande furia e velocità, inondarono di lava l’intero fondovalle e sovrapponendosi a distese laviche precedenti, si riversarono sin all’interno del millenario alveo dell’antico fiume Alcantara. Un’immensa distesa di lava coprì una vasta superficie ed ha reso questo territorio desertico e desolato, ma ancora oggi ben distinguibile e conosciuto dagli studiosi come il grande Campo lavico dell’Alcantara.Dopo averlo invaso e colmato per circa 24 Km in lunghezza e una copertura territoriale complessiva stimata dagli studiosi per circa 1Km³, le lave terminavano la loro spaventosa corsa arrivando velocemente sino al mar Jonio, con un fronte lavico spintosi all’interno del mare per circa 4 km dalla costa. Riversandosi nel mare e avendo la possibilità di espandersi lateralmente data la mancanza di argini,la sezione frontale della colata lavica, formando una sorta di antico delta fluviale, si allargava e plasmava un promontorio magmatico oggi chiamato Capo Schisò, largo circa 3 km e spesso 80 metri, in parte ricoperto dai recenti depositi alluvionali litorali lungo la costa ionica di Giardini Naxos.
Le ricerche di studio portate avanti dagli scienziati, hanno anche permesso di accertare che questa colossale emissione effusiva si attivò da una fessura eruttiva posta lungo l’alveo del fiume Alcantara nei pressi del paese di Moio Alcantara. Questo centro di emissione é “scomparso” a causa della sovrapposizione di altre lave fuoriuscite durante le attività effusive successive da altri centri eruttivi. Infatti, in un periodo più recente e precisamente tra 9.100 e 7.200 anni fa la prima e 7.300 e 7.200 anni fa la seconda, seguirono altre due imponenti e fluide colate laviche laterali sul fianco inferiore nord del vulcano moderno Etna-Mongibello. Rispettivamente la prima ebbe inizio nella località che probabilmente oggi possiamo identificare nel comprensorio di Monte Dolce a circa 800 metri di quota, mentre il secondo versamento lavico prese l’avvio un pò più a valle e precisamente da un cratere apertosi nei pressi dove oggi è Solicchiata, piccola frazione di Castiglione di Sicilia. Come detto le lave si sovrapposero ai precedenti centri di emissione sopraccitati e parte dell’anzidetto campo lavico dell’Alcantara. Inoltre, raggiunto il letto dell’antico fiume Alcantara, i flussi lavici, ponendo le basi di avviamento della genesi formativa delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”, hanno sbarrato la sua linea di scorrimento, causandone l’ostruzione e lo spostamento istantaneo verso nord del suo percorso originale, attraverso la dinamica esercitata dai flussi lavici e un costante arretramento di sponda, questo causato dall’erosione provocata dall’acqua di deflusso. Queste colate laviche generate dalla violenza di questi eventi eruttivi che si sono succeduti nel corso dei millenni, hanno condizionato radicalmente il contesto geomorfologico e rivoluzionato definitivamente l’assetto geografico ed idrogeologico originario dell’intera vallata dell’Alcantara, già modificata dalle eruzioni dell’antico vulcano Ellittico. Sino agli inizi degli anni 80, si pensava che queste stupefacenti emissioni laviche che invasero il fiume Alcantara sino alla foce, avessero avuto origine in tempi remoti dal vulcanetto di Mojo Alcantara, tuttavia, sulla base di recenti studi ed analisi multidisciplinari con datazione al radiocarbonio é invece emerso che le colate non sono fuoriuscite da tale centro eruttivo. Infatti, il Vulcanetto datato come sopraccennato, tra 28.000 + 4.700 anni fa (P. Del Carlo et alii, 2012), ha generato soltanto un’unica attività effusiva che alla fine dell’eruzione, ha prodotto semplicemente un piccolo flusso di lava che avrebbe percorso solo circa 9 chilometri, all’interno della Valle dell’Alcantara.
LE FORRE LAVICHE O GOLE DELL’ALCANTARA
Questa porzione del fiume Alcantara, è noto in tutto il mondo e deve la sua fama alle suggestive formazioni laviche oggi visibili in diversi tratti del suo corso. Attraverso i secoli, il fiume Alcantara ha assunto un aspetto molto affascinante perché il potere erosivo dell’acqua, ha modificato sostanzialmente la geologia di alcuni suoi settori geografici ed in particolare della parte mediana, come sopraddetto, investita a più riprese migliaia di anni fa, da imponenti colate laviche che invasero il fiume nel periodo preistorico e protostorico sino ad arrivare al mare Jonio. A completamento delle fasi eruttive, in questa sezione fluviale e precisamente in territorio dei comuni di Mojo Alcantara, Castiglione di Sicilia, Francavilla di Sicilia e Motta Camastra sino alla foce, i poderosi e massicci flussi lavici preistorici hanno preso il posto del fiume che, nel corso dei millenni e sino ai giorni nostri, non ha ancora riconquistato interamente e definitivamente lo spazio sottrattogli dal nero magma. Le antiche e fluidissime colate laviche nel loro processo di riempimento lavico dell’alveo, a contatto con l’acqua del fiume, gradualmente si raggrinzarono, si contrassero e si raffreddarono solidificandosi rapidamente generando profonde crepe nella propria struttura basaltica, ovvero, particolari fessurazioni definite in geologia “sinclasi”, create dalla contrazione della massa magmatica nel suo processo di raffreddamento.
La natura non si tira mai indietro di fronte ad una sfida, e comunque ha sempre un piano B di riserva, essa non ha frontiere, pensa nei secoli e ha bisogno di pazienza, ed ecco che dopo la successione vulcanica, l’acqua ha intrapreso lentamente il processo di riconquista del suo alveo perso durante il fenomeno eruttivo. Infatti, dopo aver subìto l’invasione di fuoco, a volere dimostrare come la natura sia forte e potente nelle sue manifestazioni, il fiume riprende a scorrere per millenni sui basalti lavici all’inizio ancora ardenti, la sua acqua erode e si e insinua incessantemente nella dura roccia creando in contrada Larderia, tra i territori di Castiglione di Sicilia e Motta Camastra, le torreggianti “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”. Nel corso di migliaia d’anni trascorsi, attraverso un lungo processo di erosione, l’acqua speditamente e ininterrottamente, percolava per decine di metri nella roccia basaltica levigandola e disgregandola. Secondo alcuni studiosi, quasi certamente fu un evento sismico che con un movimento sussultorio fece spaccare in due il poderoso e solido getto lavico che copriva il fiume, già indebolito dall’erosione. Questa circostanza consentiva all’acqua che scorreva sopra, di insinuarsi più in profondità e fluire all’interno delle lave, sgretolarle e scavarle nel loro grembo come un canyon naturale, caratterizzato da una struttura delle pareti basaltiche inalterata, spigolosa e modellata in suggestive colonne prismatiche dalle perfezioni geometriche polimorfe dallo spessore di circa 45–50 m.. Insomma, si formarono straordinarie fortezze geologiche alte decine di metri, con abbarbicati lungo le loro strette fessure i fichi d’india, le felci e i cespi di euforbia e le cascate d’acqua che dall’alto delle alte forre, precipitano tumultuosamente giù impattando all’interno del fiume sottostante e creando un armonioso gioco di luce e acqua, che rendono il sito ancora più attraente. Queste scabre ed erose rocche basaltiche, tuttora, come giganti di pietra, sembrano sollevarsi dalle acque del fiume, delle quali, un buon flusso scorre all’interno delle forre per tutto l’anno perchè alimentato e accresciuto dalle fresche acque delle inesauribili sorgenti Scifazzi che scaturiscono poco a monte dalle recondite profondità etnee. I visitatori possono osservare un poderoso colonnato lavico che simboleggia la grandezza della natura stessa che da forma a colonne prismatiche molto attraenti che nella loro staticità mutevole nel tempo, segnano il confine e danno luogo al collegamento tra due mondi geologici diversi: i terreni sedimentari dell’estrema propaggine dei monti Peloritani e Nebrodi e l’edificio vulcanico etneo. L’opera scultorea basaltica delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”, secondo gli esperti di architettura geologica, si manifesta organicamente anche con delle strutture a colonne subverticali dette a “canna d’organo” o leggermente arcuate ad “arpa e a ventaglio” o disposte orizzontalmente a “catasta di legna”, altre disposte caoticamente e fratturate. Insomma, modificando i possenti versamenti lavici che occuparono il fiume, in questo sito la potenza della natura ha scolpito delle figure veramente particolari e seducenti, composte da grandiose e torreggianti forre, profonde gole, precipizi e salti d’acqua, forme fisiche contorte delineate da veri e propri monumenti dalle perfezioni rigorose senza uguali in natura. Dunque, l’erosione continua dell’acqua, ha dato origine a queste insolite configurazioni che hanno assunto un aspetto veramente seducente che testimonia la potenza di queste suggestive colate preistoriche, tanto da potere essere definite un vero e proprio monumento di architettura naturale. Figure scolpite nella roccia dai fenomeni erosivi dell’acqua veramente particolari, che danno forma ad un paesaggio antropizzato ma percepito come selvaggio e di grande pregio e rilevanza geomorfologica. Insomma, la rappresentazione tangibile di un’era arcaica che ancora oggi, offre a benefico dei visitatori, un grande spettacolo naturale e panoramico vecchio di migliaia di anni, dove la realtà sembra sfidare la mente stessa dell’uomo. Configurazioni di naturalità che testimoniano quanto con questo territorio la “Madre Natura” sia stata fenomenale nel progettare una straordinaria opera architettonica di così grande ed affascinante impatto, che sembra resistere ancora alle cadenze cicliche dei tempi. Solo lei può creare le stupende meraviglie e solo lei può modificarle a suo piacimento, ed è forse per questa sua capacità naturalistica, che riesce ancora a “colpire” la sensibilità dei suoi visitatori che riescono a raggiungere questo sito.
Il fiume Alcantara scorre da millenni sui basalti lavici provenienti dal vulcano più alto d’Europa, all’interno di un ambiente geologicamente e paesaggisticamente mozzafiato. Per averle visitate o per averne sentito parlare, conosciamo tutti le monumentali “Forre laviche o Gole dell’Alcantara” alte decine di metri, tuttavia, queste seducenti presenze geologiche, non escludono altre piccole ed incantevoli aree meno conosciute e sparse un pò lungo tutto questo tratto fluviale interessato dalle arcaiche emissioni laviche. Da ricordare, sono anche le affascinanti “Piccole gole e cascatelle di San Nicola”, queste suggestive formazioni geo-naturali del fiume Alcantara si possono osservare nelle adiacenze del ponte di San Nicola che demarca il confine territoriale tra Castiglione di Sicilia e Francavilla di Sicilia. Le “Piccole gole e cascatelle di San Nicola” si palesano attraverso il loro alveo lavico levigato dalle acque che scorrono impetuose verso valle strette nelle loro forre. Quando sono abbondanti, cercando di farsi spazio alla ricerca del mare, diventano turbolente e speditamente si insinuano incessantemente nella dura roccia basaltica erodendola, levigandola e creando piccole gole e forre, strapiombi, cascatelle, ingrottati, vere e proprie “gurne d’acqua” e “finestre” paesaggistiche del tutto rare, che costituiscono un ambiente geologicamente e paesaggisticamente mozzafiato. Un altro seducente sito geo-naturalistico è conosciuto dalla popolazione locale come le suggestive “Gurne” o come li chiamano localmente “Ulli o Vulli”, che sono dei tipici laghetti o anche cosiddette “marmitte” naturali, veri e propri specchi d’acqua, frutto dell’intensa ed incessante opera levigante naturale delle acque vorticose del fiume Alcantara. Esercitata per millenni sulle antiche e solide colate laviche all’interno dell’alveo del fiume, questa azione abrasiva avviene ad opera dell’acqua e/o altri massi trascinati dalla corrente, che scivolano e abradono il basalto lavico nel letto del fiume in movimento rotatorio e per trasporto. Nel corso dei secoli, questo processo levigante, riesce a modellare le rocce compatte di pietra lavica e creando così un fenomeno di erosione raro che ha prodotto queste cavità dette “marmitte” dalle forme più svariate e dalle pareti levigate e profonde anche alcuni metri dove, secondo una leggenda, i giganti del fiume contenevano il loro cibo. Questa sorta di tipologia di “Gurne” di natura lavica caratterizza il corso dell’Alcantara e le cui dimensioni e profondità variano al mutare delle piene del fiume e sono condizionate anche dall’accumularsi di detriti e sedimenti. In queste Gurne naturali o artificiali che siano, spesso predisposte dagli stessi bagnanti, non è difficile incontrare, nel periodo estivo, gli appassionati della balneazione fluviale che, appartati e circondati dalla natura quasi selvaggia, si godono il caldo sole e si immergono nel fiume limpido a fare il bagno. Queste valenze naturalistiche, grazie alla potenza della natura e delle sue manifestazioni, si sono originate all’interno dell’asta fluviale quali attrattive ambientali ottenute dal raffreddamento repentino delle lave basaltiche entrate in contatto con la fredda acqua del fiume. Questi siti sono dunque il prodotto dello scorrere millenario dell’acqua e delle normali modificazioni del letto di scorrimento e pur avendo minore estensione, compartecipano a pieno titolo a creare un habitat fluviale seducente, che rafforza alcune peculiarità ambientali del fiume, dunque, seppur non possono definirsi, per così dire, siti monumentali, son pur sempre dei luoghi capaci di trasmettere sensazioni irripetibili che colpiscono i nostri sensi.
Dopo le turbolenze all’interno delle sue gole e i salti d’acqua delle sue cascate, all’improvviso la rude forza del fiume Alcantara, rientrato nel suo antico alveo, cede il passo ad un tranquillo corso d’acqua che sembra sentire il richiamo del mare. Così, quieto e placido, riconquistando di sasso in sasso il suo spazio naturale perso in occasione delle primitive colate laviche, seguendo il suo percorso sinuoso o lineare, sfiora il bianco terreno e le nere e dure rocce basaltiche eruttate dal vulcano e si trascina all’appuntamento con il mare. Proseguendo attraverso un percorso suggestivo, il fiume sfiora ameni paesi e antiche vestigia lasciateci in eredità dal tempo, appoggiati su ampi pianori e aggrappati su poggi irti e brulli, alla ricerca di epoche perdute, sembrano affacciarsi su questo fiume senza tempo che così scorre e giunge al suo estuario dove diventa tutt’uno con il mare. Qui finisce la sua lunga corsa e si concede pace, in quel mare che lo consola e che sembra alleviargli le sofferenze, per le lacerazioni che l’uomo gli procura con le sue indiscriminate aggressioni. Qui, alla foce è il ritorno alla “Madre Natura” che attraverso le sue strabilianti manifestazioni lo ha originato, lo ha spinto, affievolito, ingrossato e infine riaccolto nel suo grembo immenso, sino alla rigenerazione del suo ciclo di vita che lo riporterà sulla terra. Qui alla foce, il fiume è stato testimone silenzioso di una storia epica lunga oltre 2700 anni solidamente intrecciata con le primitive vicende del popolo ellenico che prendevano forma in Sicilia e segnatamente su questo territorio. Infatti, in questo litorale Jonico, intorno al 734 a.C. dopo alcune migliaia di anni, l’epopea dei primitivi Sicani e Siculi volgeva al termine mentre un’altra grande ed evoluta civiltà mediterranea si apprestava ad iniziare nella nostra isola la propria storia epica: la cultura Ellenica propria dell’etnìa greca che ebbe come fulcro l’antica città di Naxos, ma questa è un’altra storia.
GLI UOMINI DELLA VALLE DELL’ALCANTARA E IL FUOCO DELL’ETNA
Una volta collocato geograficamente questo settore territoriale e accertata la sua genesi formativa, composizione e consistenza ante e post eruzioni etnee, si ritiene di narrare con sottile inventiva ma con basi credibili, cosa fosse probabilmente accaduto nei millenni passati, ed in particolare nel periodo preistorico quando di manifestarono gli eventi eruttivi che hanno steso un manto di lava sulla primitiva paleo valle dell’Alcantara. Basati su dati e date codificate dalla disciplina scientifica e dotati di una buona dose di immaginazione, ci piacerebbe immaginare che probabilmente in quei tempi, prima ancora delle immense colate e delle conosciute civiltà, su queste terre vi siano stati dei piccoli insediamenti antropici dai confini ben circoscritti e con particolari caratteristiche orografiche e ambientali confacenti alle loro esigenze. Questi uomini primitivi indigeni, forse Sapiens Sapiens o forse Siculi, composti da piccoli nuclei arcaici, abitavano queste terre fluviali sia nelle grotte che all’aperto in prossimità del corso d’acqua su depositi alluvionali, trascorrevano la loro vita comunitaria, cacciavano e svolgevano i loro arcaici riti tribali. Erano oramai parte integrante di questo ambiente straordinario, attratti dalla posizione geografica, dalla vicinanza delle foreste che coprivano l’Etna e le estreme propaggini meridionali del substrato sedimentario dell’Appennino siculo nel tratto tra i Monti Nebrodi e Peloritani e dalla presenza costante dell’acqua dell’antico fiume Alcantara. Forse era ancora un Homo cacciatore-raccoglitore, organizzava la sua esistenza durante la giornata, incominciando ad usare attrezzi anche in ferro, dandosi alla pastorizia ed all’agricoltura, usando anche la macina per i cereali. La sera si radunava attorno ai focolari e anche all’interno delle sue grotte rischiarate dalla luce delle torce. La vita cadenzava i suoi tempi e il mondo si avviava verso l’appuntamento con la sua storia, insomma, tutto sembrava tranquillo in questa valle primitiva quando a più riprese, verosimilmente non accadde qualcosa di tremendo e grandioso che lascerà un segno perenne e monumentale sulla parte di questa regione chiamata dagli antichi arabi, il “Val Demone”. Infatti, all’improvviso le prime imponenti e fluide colate di Monte Dolce sopra indicate, tra 9.100 e 7.200 anni fa, si attivarono, scesero a valle e coprirono l’intero territorio fluviale generando il grandioso “Campo lavico dell’Alcantara”, già interessato tra 13.900 e 9.700 anni fa dall’eruzione di Mojo Alcantara e prima ancora dall’arcaico vulcano Ellittico tra 60.000 e 45.00 anni fa.
In modo fantasioso, si presume che in quei giorni e notti ante-eruzione di Monte Dolce, si percepiva nell’aria come un odore acre, da qualche tempo gli animali erano inquieti e nervosi a causa dei numerosi sciami sismici, la luna sembrava oscurata e triste; eppure era lì a guardare il lento incessante scorrere del tempo. Infine, dapprima si udì il forte stridio del vento, poi come il brontolio del tuono e un boato, d’un tratto tutto si mise in movimento, il terreno incominciò a tremare violentemente e una coltre fumosa si alzò dal suolo pronto ad esplodere. Gli uomini e gli animali sentirono grande scoramento e incominciarono a fuggire senza sapere dove rifugiarsi per scampare all’imminente e sconosciuto pericolo. Trovandosi di fronte ad una potenza simile, l’uomo primitivo era terrorizzato da questa montagna infuocata che non era in grado di domare, niente poteva sopravvivere a quel fiume di fuoco, né l’uomo né alcun altro essere. Una grande paura cosmica avvolse la sua mente corta e la rese piccola e indifesa verso la potenza della natura, tanto che dovette abbandonare l’area per spostarsi in altre zone più sicure, per poi, verosimilmente dopo secoli e a cessato pericolo, ritornare nei siti di origine, oramai coperti dalle lave e tentare di ricolonizzarle. Ecco che, ancora una volta, l’antico Etna-Mongibello persistendo nel suo straordinario percorso eruttivo, palesava il suo vigore e come sin dalla notte dei tempi, faceva calare nuovamente il suo manto fiammeggiante lungo le sue pendici settentrionali, già ricche di vita animale e vegetale che nei millenni aveva preso il posto delle antiche colate laviche. L’Etna, il “Grande Signore del fuoco” si tormentava e rintronava, il suo alito di zolfo si spandeva nell’aria acre e cupa e soffocava qualsiasi cosa si trovasse lungo il suo cammino. E’ possibile che in diversi tempi, ma con le medesime modalità e potenza, fluidissimi fiumi di fuoco scaturirono dalle viscere della terra, scesero con grande furia verso valle, mettendo in evidenza sicuramente delle scene davvero apocalittiche e distruggendo con veemenza quanto si trovava sul loro passaggio. Il fuoco prodotto dalle copiosissime colate e alimentato dalle rigogliose foreste, sembrava si fosse impadronito dell’intera valle dell’Alcantara, e la scena dovette essere davvero spaventosa. I pochi uomini e le bestie, scampati a questo tremendo evento, cercarono riparo sulle alture circostanti, dove ancora oggi si possono rintracciare frequenti testimonianze della loro presenza. Continuando nella loro sinistra corsa, queste antiche colate laviche provenienti dal vulcano più grande d’Europa, hanno voluto marcare con la loro presenza una parte di questo territorio fluviale, come a volere suggellare un antico connubio tra l’Etna e il fiume Alcantara, una straordinaria simbiosi di grande valore naturalistico e storico.
“FORRE LAVICHE O GOLE DELL’ALCANTARA” – ANTROPIZZAZIONE E FRUIZIONE
La magnificenza naturalistica di questo lungo tratto del fiume Alcantara, certamente non può essere rappresentata in poche righe. Ognuno di tutti noi dovrebbe visitare, almeno una volta nella vita le “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”, un santuario della natura monumentale e senza tempo, così da rendersi conto di persona, quanto le parole e gli scritti non bastino a descriverli. Il sito delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara” non è privato ma pubblico, privato é invece l’impianto turistico esistente adiacente al fiume, dal quale si può scendere con ascensore a pagamento. Tuttavia, si può accedere all’interno delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara” e quindi nel fiume, anche attraverso una scalinata pubblica e libera, posta sulla Strada Statale n° 185, limitrofa all’insediamento turistico, sempre in territorio di Motta Camastra. Arrivati dentro il sito e entrando nelle gelide e tumultuose acque dell’Alcantara, si riesce quasi a sentire un piacere proibito che scuote il corpo e la mente, una sensazione che tutti dovremmo provare, per cogliere le intime percezioni dei nostri antenati che in queste acque si bagnavano. Un sito di grande incanto, dove il corpo si rigenera e la mente sfugge al vincolo del mondo reale e corre alla ricerca di riflessioni che si fondono in tutt’uno con il mito, la fantasia e l’illusorio, impregnati di un’intensa atmosfera fiabesca. Un’esperienza quasi mistica, ai confini col divino, una rigenerazione morale che procura un senso di benessere e appagamento: questo fiume, questa acqua che lava l’uomo dalle colpe, esorcizza le sue paure, le ansie dell’anima e lo fa risorgere a vita nuova. L’interesse e il rispetto dell’uomo verso il fiume Alcantara è stato sempre profondo, tanto da raccontarlo persino in straordinarie vocazioni poetiche, dove ne esalta, quasi con sacralità, le sue doti non comuni e dove emerge evidente un monito per tutti, a volere significare che la natura è un bene indivisibile con autodifesa precaria e quindi da proteggere e salvaguardare a tutti i costi. L’attrattiva turistica delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”, in atto è prerogativa unica del versante di Messina malgrado ci si renda conto, con ampio e pressochè univoco convincimento, che le caratteristiche orografiche dell’area possono considerarsi di grande suggestione e ricche di fascino anche dalla parte di Catania e cioè nel territorio di Castiglione di Sicilia, questo dovuto in particolare all’integrità oro-vegetazionale che esse presentano. Infatti, oltreché dal solito versante di Motta Camastra nel messinese, le gole si possono visitare anche da un altro suggestivo sito sopraelevato di proprietà privata, quì si arriva dopo avere lasciato la SS. 185 Francavilla di Sicilia – Giardini Naxos ed avere oltrepassato il ponte sul fiume Alcantara verso la frazione di Gravà, si svolta a sinistra in direzione della frazione di Mitogio e ci si immette su un percorso verso valle mediamente asfaltato che praticamente può essere considerato come una via parallela alla SS. 185. Il tragitto segue il fiume ed alcuni terreni coltivati ad agrumi dove svettano anche caratteristiche case rurali gentilizie, a testimonianza che in un passato non molto remoto, questi terreni, oggi in parte saldi incolti, erano oggetto di lavorazioni intensive cereagrumicole e di ortaggi. Il pregio naturalistico di questo itinerario si accentua non appena arrivati in località “Ficarazzi”, in territorio di Castiglione di Sicilia, in prossimità delle “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”. Viste dall’alto da una sorta di balconata naturale protetta da una ringhiera in ferro battuto, le gole appaiono ai loro estimatori come un suggestivo sito geologico di straordinaria architettura naturale che si snoda per oltre 400 metri in lunghezza, con pareti strette non più di 5-6 metri e alte fino a 50 metri, qui con un minimo di suggestione dell’animo, migliaia di anni si possono raccontare con uno sguardo. Forse perchè siamo abituati a vedere queste meraviglie della natura dal versante Messina e a visitarle attraverso un comodo ascensore, sta di fatto che ammirando queste “gole” si percepisce la sensazione della pochezza umana in confronto alle straordinarie manifestazione di “Madre Natura”. Dopo aver acquisito l’autorizzazione all’accesso al fondo, guardando dall’alto i tagli prismatici della roccia basaltica e il corso d’acqua come imprigionato dal colonnato lavico, si capisce subito di essere in presenza di un tempio della natura, quale magnifica espressione naturalistica di questi luoghi e non solo. Anche grazie a queste bellezze geologiche e paesaggistiche create dal fiume, spesso attorniate da verdeggianti coltivazioni di agrumi, ortaggi e frutteti, dislocati sulle sponde coltivabili, si può mantenere una porzione significativa del ricchissimo valore naturalistico originario del fiume Alcantara, che naturalmente va sempre osservato e sottoposto a misure di natura conservativa che il Parco Fluviale del fiume Alcantara svolge in modo esemplare.
Le “Forre laviche o Gole dell’Alcantara” sono una “fortezza geologica naturale”, veramente affascinante e allo stesso tempo quasi impenetrabile conosciuta come uno dei siti più belli del mondo, meta di tantissimi escursionisti italiani e stranieri, i quali restano veramente stregati da questa straordinaria opera architettonica che soltanto la natura ha saputo progettare. Per tutte le sue straordinarie peculiarità, questo elaborato vuole essere anche una sollecitazione a comprendere come questo sito subisce le fasi del passaggio, della presenza e dell’interferenza fisica dell’uomo. Insomma, la loro forza è anche la loro fragilità, in quanto questo sito è è percepito e utilizzato solo come una sorta di motivo di turismo di massa 4.0, un fenomeno che desta preoccupazione negli ambientalisti e non solo, poiché è sottoposto continuamente ad una graduale, lenta ma sistematica pressione antropica non sostenibile. Com’è noto, oggi le “Le forre laviche o gole del fiume Alcantara” sono diventate alquanto famose in tutto il mondo, ben inserite nel circuito turistico siciliano e dispensatori d’interesse a favore del comprensorio. Per questa loro importanza turistica, esse sono parte primaria di un processo di massificazione che conduce inevitabilmente a un disordinato aumento dell’impatto antropico sull’intero ecosistema naturale fluviale del fiume e del sito in questione. La forte antropizzazione, alla quale troppo spesso non viene prestata adeguata attenzione, conserva ben poco dell’ambiente naturale originario anzi, cerca di trasformarlo e adattarlo ai propri bisogni e interessi, insomma, l’uomo da sempre è intervenuto pesantemente su di esso, cercando di sfruttarlo e concentrandosi sul maggior profitto possibile. I siti integrali che subiscono una massiccia antropizzazione selvaggia, seppur percepiti visivamente come solidi e possenti, sono spesso estremamente fragili e rischiano maggiormente di soffrire le conseguenze peggiori di questa poderosa presenza dell’uomo, che a certe condizioni non può chiaramente essere considerata vantaggiosa per essi. Questo non significa interdire al pubblico il sito ma bisognerebbe governare questo fenomeno e l’uomo deve avere la consapevolezza di dover operare azioni orientate all’ecogestione del territorio e delle attività e carico antropico, affinchè queste non impattino negativamente sull’evoluzione geomorfologica e morfodinamica di un determinato sito. Questo processo benefico avviene mediante l’applicazione del concetto di “Sostenibilità globale e locale” e “Sviluppo Sostenibile”, che si manifesta attraverso l’armonizzazione di elementi sociali, economici ed ambientali ed in particolare mediante misure di mitigazione e di compensazione strettamente riferibili all’ambiente interessato. Insomma, bisogna predisporre interventi tesi a ottimizzare e riequilibrare eventuali scompensi indotti sull’ambiente o provvedimenti di carattere gestionale che si ritiene opportuno adottare per contenere gli impatti sia nel corso della fase di realizzazione, che di esercizio. In definitiva, l’uomo deve perseguire un miglioramento della qualità della vita, ma senza eccedere nella capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende. Questo è un principio che, se attuato, può portare ad un rapporto migliore uomo-ambiente e può aiutare a consegnare nelle mani dei nostri figli e nipoti, un mondo meno degradato di quello che attualmente abbiamo, che, ogni giorno, soffre sempre più. Se tutti noi facessimo qualcosa per e nel il rispetto dell’ambiente, avremmo fatto il bene dei nostri figli.
CONCLUSIONI
In questa parte dell’Alcantara scaturirono gli eventi effusivi più importanti nella storia di quei tempi del vulcano, per la grande emissione di lava che provocò una sostanziale trasformazione del territorio. In questo articolo, abbiamo tentato di descrivere la storia generale di questo sito, meglio noto come “Forre laviche o Gole dell’Alcantara”, con gli occhi appassionati di chi ne ha nozione e lo frequenta e consapevoli che non tutto è stato scritto. Inoltre, intenzione di questo elaborato era far conoscere notizie, accadimenti e ambienti sconosciuti al grande pubblico, in modo da accentuarne una valorizzazione ecosostenibile e dunque, stimolare espressioni e manifestazioni di rispetto e salvaguardia. In questo testo, che ci auguriamo chiaro e coerente, sono stati riportati dati estrapolati dai documenti scientifici ufficiali che hanno contraddistinto questo territorio e la sua intrinseca geologia e sono state accennate, su base di congetture deduttive, anche alcune vicende storiche-antropologiche riferibili all’uomo primitivo che prima delle colate laviche presidiava queste terre dell’antica valle dell’Alcantara. Infine, si è tentato di esaminare l’evoluzione storica di questo ambiente territoriale che oggi, pervenuteci dalle nebbie del tempo, ci consegna un sito davvero intrigante che ancora oggi viene studiato e consideratocome patrimonio prezioso da non sperperare, vero bene naturale e comune risorsa non rinnovabile da preservare con cura e come capitale da salvaguardare dallo sfruttamento indiscriminato e a tutti i costo. Ecco, noi contemporanei, siamo i beneficiari di questo prezioso ambiente, tuttavia, la nostra presenza non è sempre vantaggiosa per questo sito, infatti, l’uomo non raramente, influisce nella sua esistenza in modo pesante, mentre bisognerebbe riconsiderare l’intera relazione tra gli aspetti geologici evolutivi e l’intervento antropico.
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Gli Enti Parco, i comuni del Parco, le Istituzioni, gli Enti, le Associazioni e i privati dovranno essere attenti guardiani di questo territorio e dovranno adoperarsi nel pianificare qualsiasi intervento su di esso. Ogni azione venga decisa di concerto con i piani di gestione delle aree protette, finalizzata a generare sviluppo economico sostenibile, ma con l’obiettivo di preservarlo integro così da consegnarlo alle future generazioni come quota ereditaria collettiva, inalienabile e ricca di valore naturale e biologico. Non si può sostituire la bellezza del creato con quella inventata dall’uomo, la natura non ha rimpiazzi e ogni rapporto con essa deve essere sincero, amorevole ed in particolare proteso alla sua salvaguardia, valorizzazione e diffusione ecosostenibile sempre. Bisogna agire con profonda anima, grande equilibrio e rigorosa compostezza, perché la “Madre Natura” rappresenta la grande Enciclopedia della Vita dell’uomo e danneggiarla o distruggerla, significa strappare e perdere per sempre delle straordinarie pagine della storia stessa dell’uomo.
(Alcuni dati scientifici riguardo la storia geologica dell’Etna, sono stati rilevati dal sito dell’I.N.G.V. sezione di Catania)
AL QUANTARAH : IL FIUME (di Vincenzo Crimi -2000) -
Io sono il fiume,
mi agito, mi quieto e corro incontro al mare.
Io sono il fiume,
scorro e seguo il mio percorso, sinuoso o lineare, placido o turbolento,
sfioro il bianco terreno e segno le nere e dure rocce,
eruttate dal Grande Signore del fuoco.
Io sono il fiume,
in alcuni tratti, malinconico e offeso nella mia discesa al mare,
scorro e mi insinuo nella dura roccia creando urne,
profonde gole, strapiombi, prismi basaltici,
cascatelle e forme antropomorfe contorte e statiche.
Io sono il fiume,
le piante, gli animali e gli uomini, in me si specchiano,
si rasserenano e scendono a lambire le mie acque,
in me si rinfrescano e si raccontano le loro storie.
I popoli passati per questa valle mi hanno cercato, venerato, mitizzato e protetto,
hanno attinto in me il bene più prezioso, mi hanno immiserito e alterato.
Io sono il fiume,
chi seguirà il mio cammino con rispetto,
si specchierà in me e si vedrà più puro.
Sono il ritratto della natura che gioisce e soffre.
Io sono “Al Quantarah”, il fiume senza tempo.
ALCANTARA
Stancu è stu ciumi ca potta l’acqua a lu mari
ma è cuntentu picchì fa u so duviri.
Ma lu mari furiusu cià rispunni
Sbattennu nta la spiaggia li so unni.
“Picchì”!! Comu evi liggi di natura
tu ma tunnari st’acqua cu primura!!
“Iavi tuttu lu mernu ca ma mangiatu u quagghiu
ma lassimi fari in paci u me travagghiu”
Tu forsi fai finta e mancu ti n’accorgi
Di quantu evi l’acqua ca nta terra s’arricogghi
E allura io cu pazienza mi mettu
e unni c’è acqua dugnu alloggio nto me lettu.
E cumenciu a fuiri comu un pazzu
quannu chiovi supra i munti di Rannazzu.
Ma non pozzu iri cu primura
Quannu arrivu a Moiu picchì è tutta pianura.
Comu calu sempri chiù sutta
La me strata diventa chiù brutta.
In epuca assai luntanu
Li sciari di l’Etna, lu me lettu si pigghianu
E comu u truaru cunzatu pi comu u fazzu iò
Nto nenti arrivanu amarina ri Schisò.
Ma cu tempu, chiddu ca era miu mu pigghiai
E tutta dda petra di basattu pianu pianu m’arrusicai.
Accussì nasceru i goli ca pottunu u me nomu
Di tutti muntuati a memoria d’omu.
Evi ddocu ca la me acqua diventa fridda assai
Picchì pruveni i l’Etna unni a nivi non manca mai.
E vadduni, sciammuri e ciumari,
io mi pottu cu mia finu a mari.
E comu arrivu nta li iaddini a ghiri iusu
Di la me acqua tanti ni fanu usu.
E finalmente dopu tantu pilligrinari,
arrivau u tempu di trasiri nta mari.
Ma chistu ca iò fazzu, ca pottu l’acqua a mari,
pi tanti è cosa assai normali,
e ammeci cettuni non sanu
ca stu miraculu po’ scappari i manu,
picchì chiddu ca la natura teni strittu cu li denti
lomu vili distruggi nto nenti.
La magnificenza naturalistica di questo lungo tratto del fiume Alcantara, certamente non può essere rappresentata in poche righe. Ognuno di tutti noi dovrebbe visitare, almeno una volta nella vita, questi luoghi senza tempo, così da rendersi conto di persona, quanto le parole e gli scritti non bastino a descriverli.
Vincenzo CRIMI